Il grido del gabbiano
Di Emmanuelle Laborit
“Il grido del gabbiano” è la storia raccontata in prima persona da Emmanuelle Laborit. La storia di una fanciulla cocciuta, di un’adolescente scatenata, di una donna divenuta un’affermata e premiata attrice teatrale ma soprattutto la storia di una persona nata sordomuta nella Francia del 1971. Praticamente ieri.
Ci sono due cose in particolare che mi hanno colpito di questa sua vicenda e che ignoravo completamente. Una riguarda il divieto categorico di utilizzare la LSF (linguaggio dei segni francese) nelle scuole elementari del posto destinate alla formazione di persone non udenti. Vigeva invece l’obbligo per tutto il corpo docenti di insegnare i suoni attraverso la lettura labiale e la sistematica ripetizione. Pare subito assurdo chiedere di ripetere un suono che non si è mai sentito… eppure. Mani dietro la schiena e forza, porre le labbra in modo corretto per emettere suoni comprensibili (agli udenti). Eggià. Straziante, degratante, improduttivo e frustrante. Era quasi considerato un male passeggero, la sordità, che a forza di tentativi sarebbe svanita. Non solo esigendo dai bambini un risultato pressoché impossibile da ottenere e assolutamente inutile alla loro crescita ma trattandoli come una minoranza che deve adeguarsi al resto del mondo. Non con mezzi propri ma con quelli che il resto del mondo, quello “non guasto”, ritiene idonei. Ecco questo mi ha lasciata basita.