La tregua
Di Mario Benedetti
Partiamo dalla trama, come si conviene: c’è un uomo apatico che sta per compiere cinquant’anni ma sembra ne abbia novantadue che Gandalf in confronto pare Jovanotti ai tempi di “Gimme five”.
Questo uomo, Martìn, ha tre figli, due maschi e una femmina che dobbiamo ringraziare il cielo siano vivi (perché la moglie invece no) dato l’entusiasmo con il quale li ha cresciuti e verso i quali si interessa amorevolmente al punto che uno è malatissimo ma prima o poi passa, l’altro è pure molto malato nel senso che è gay (no comment), scompare di casa e lui semplicemente aspetta che si faccia vivo ricordandosi della sua esistenza/assenza nei giorni pari del calendario. Nemmeno tutti.
E accendiamo un cero per la figlia che non diventa prostituta anche se certamente tutta finita non lo è visto che esce di nascosto, per parlare di lui, con la nuova fiamma del padre, sua coetanea.
Eggià. Perché questo è il cuore del romanzo: il nuovo amore del protagonista, la giovane Avellaneda. E possiamo proprio definirla la sua metà, visto che ha venticinque anni scarsi contro i cinquanta di lui.
Arrivata dunque nel bel mezzo dell’eccitantissima vita di Martìn, il cui massimo picco di esaltazione è vedere vecchie foto assieme a un amico di cui non ricordava nemmeno l’esistenza, il lettore a ‘sto punto si aspetta verso di lei fuochi d’artificio, acrobazie fisiche e gesti traboccanti di attenzioni e rispetto.
Macché.
Dopo aver appurato che la fanciulla, nonostante il suo corpo secco (nulla a che vedere con quello della fu-moglie che lui non stimava affatto, però che fianchi ragazzi) può interessargli se somma tuuuuuuutte le caratteristiche, Mr. Martìn inizia a decidere per lei che cosa sia più giusto e cosa meno. Per cui no che non ti sposo, no che non ti dico che ti amo ma intanto prendo un appartamento per noi due in cui possiamo stare (ebbravo) e appena vado in pensione, cioè tra sei interminabili mesi, molli il lavoro anche tu e stai a casa con me. Tanto mica può davvero voler lavorare una donna di ben venticinque anni che ha trovato cotanta saggezza e vitalità. Suvvia.
E per testare la devozione di ella, le organizza pure un bell’incontro casuale con la sua figliola poco finita, in un caffé. Avellaneda è talmente entusiasta che se potesse sgozzarsi con i cocci di una tazzina si sentirebbe meno in imbarazzo. Invece lo ringrazia per il bellissimo gesto altruista. Un tripudio di autostima insomma.
Nulla da aggiungere, no?
Grande uomo, grande amante, grande padre.
Certamente, per me, non grande libro.
Che mi ha prima annoiata a morte e poi innervosita non solo per la leggerezza dei molti temi affrontati (compreso il suicidio che in questa stroncatura ironica non ho volutamente incluso) ma per la visione totalmente maschilista e ipocrita del protagonista.
O forse dell’autore stesso.
Certo, possiamo considerare in sua difesa (?) tempi e luoghi – Uruguay, anni ’50 – ma non possiamo certo gioire dell’odierna diffusione di simili vedute.
Consigliato: no
Descrizione
Scheda del libro
Genere: Narrativa contemporanea
Editore: Nottetempo
Collana: Narrativa
Data uscita: 16/10/2014
Pagine: 241
ISBN: 9788874525188
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