Lo spazio sospeso di Mimmo Jodice

Mi riaggancio al post di ieri su Linkedin dedicato a Hopper e alla gestione dello spazio nella composizione visiva perché mentre lo scrivevo mi è venuto in mente anche un fotografo che ha fatto dello spazio la sua firma.

Lo vidi in mostra l’ultima volta al Forma, a Milano, dove frequentavo corsi di fotografia sentendomi piccola come la Sig.ra Minù. Ma questa è un’altra storia.

Mimmo Jodice

Lui scattava a Napoli, negli anni Ottanta. Si chiama Mimmo Jodice, classe 1934 e in quel tempo camminava per la sua città con la fotocamera al collo.

Non cercava la folla, né l’azione.
Cercava l’assenza.

Quella che ritroviamo nelle sue fotografie, in cui ci sono spazi vuoti e silenziosi, carichi di memoria, che provano a “fermare il tempo prima che lui se ne accorga e si vendichi”, come lui disse.

Attraverso l’uso sapiente della luce e dello spazio, anche lui è riuscito a trasformare luoghi reali in visioni sospese.

È a loro due, con un pizzico di Magritte in mezzo, che mi sono ispirata per realizzare queste immagini assieme a Midjourney e Photoshop.

Oddio forse mi sono ispirata anche al tempo grigio che accompagna Lugano da oltre una settimana, ma era meno poetico raccontare tutto così.